Rubrica per Genitori 8 – Le lacrime che chiariscono la vista

Le lacrime che chiariscono la vista

…Si trovò immersa fino al collo nell’acqua salata…Però si rese ben presto conto di trovarsi, invece, nel laghetto di lacrime che aveva versato quando era alta più di due metri e mezzo. “Ah, se non avessi pianto tanto!” disse Alice mentre nuotava in cerca di una sponda. “Ed ecco ora la punizione: finirò annegata nelle mie stesse lacrime! Sarà proprio una cosa strana. Ma oggi è tutto strano.”

Proprio allora sentì qualcosa che sguazzava nel laghetto poco lontano da lei, e si avvicinò a nuoto per scoprire di che si trattasse…ben presto vide che era solo un topo, scivolato in acqua come lei…

[Il topo] disse con voce bassa e tremante: “Andiamo a riva, e poi ti racconterò la mia storia…”

Cosa ci succede quando siamo tristi?

A volte si rischia di dimenticarlo. Passiamo la vita a fuggire la tristezza, a evitare che altri la vedano, rischiando di non ricordare più che aspetto abbia o a cosa possa servire. Non è scontato accorgersi di essere tristi, non sempre concediamo uno spazio di espressione a questa emozione, cos’è che crea resistenza nell’accogliere la tristezza?

La paura della tristezza – C’è un dolore che si manifesta con le lacrime e riempie la stanza dove si trova Alice…quanta paura abbiamo che a volte ci fa dire così è tanto… troppo. Quella paura che a volte ci fa sì annegare ma nelle nostre zuppe verbali, fiumi di parole che spiegano e non ci permettono di sentire che semplicemente…siamo tristi. Quella stessa paura ci rende poco fiduciosi e ci fa credere che anche i figli possano “annegare nelle loro stesse lacrime”. Se coltiviamo la fiducia e l’apertura verso le nostre emozioni spiacevoli possiamo prenderci il rischio di farci travolgere dalla tristezza e capire se tutto sommato si può restare a galla o addirittura si riesce a nuotare, possiamo insegnarlo pian piano ai figli ed essere per loro un’ancora.

Dalla paura alla reazione- Qual’è il movimento di Alice nei confronti di questo dolore? “Se non avessi pianto tanto… ecco ora la punizione: finirò annegata”. Se fossimo stati lì con lei nella stanza allagata, quale sarebbe stata la nostra reazione? Spesso attiviamo la modalità del “fare”: presto, la aiuto a togliere l’acqua, la istruisco su come fare la prossima volta, oppure la giudichiamo non serve piangere, non risolvi piangendo…”. Ma il giudizio può solo abbassare la tolleranza alla sofferenza e rendere le persone più vulnerabili di fronte ad essa.

La tristezza come occasione – la tristezza può creare uno spazio prezioso nel quale chiedere aiuto, essere motivati alla cura di se stessi e impegnarsi a perseguirla. Ma per imparare a nuotare occorre rischiare e mettere i piedi in acqua sentendo che le gambe tremano. Possiamo farci sorprendere dal potere che hanno le lacrime di chiarire la vista su ciò che ci fa bene o male in quel momento, su come mantenere la connessione con noi stessi o con il mondo che abbiamo intorno e accorgerci che lì, poco lontano da noi, ci può essere qualcosa o qualcuno che sguazza nel laghetto e che ci dice “andiamo a riva”, facendoci sentire meno soli. Noi genitori possiamo essere quel qualcuno per i nostri figli, e nella consapevolezza dei loro bisogni, capire se portarli a riva e poi incoraggiarli a riprovare, se offrire un salvagente per restare a galla o semplicemente nuotare accanto a loro ammirandone il coraggio.

INTENZIONE: vorrei essere àncora per me e per mio figlio

  • Provo a pensare un momento di crisi di mio figlio: come le mie azioni possono esprimere il messaggio “sono qui e resto accanto a te tra le lacrime”?
  • Sguardo sulle resistenze: immagino di nuotare al fianco di mio figlio in silenzio nelle sue ondate emotive, anche quando rifiuta il salvagente o qualsiasi direzione di marcia, c’è qualcosa che sento come resistenza nell’accogliere la tristezza (es. Paura, rabbia, giudizio, voglia di risolvere)?
  • Una risposta compassionevole su di se di fronte alla tristezza: pensando a un momento di difficoltà emotiva con i figli possiamo rivolgerci qualche parola di conforto o scriverne qualcuna come:

– “Non è facile essere un buon genitore”

– “Anche se ho un momento di sofferenza, posso provare a essere gentile con me stesso”

– “Sto facendo del mio meglio, posso continuare a riprovare”

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Questo percorso di lettura del MeP rivolto ai genitori è curato da Stefania Comerci, Socio Fondatore del MeP di Milano.  

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